Recensione "the Downward Spiral" Dei Nine Inch Nails

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walter
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27/set/2012, 23:19

Proseguo con questo articolo le recensioni su album e gruppi poco conosciuti o meritevoli di più attenzione. Stavolta, abbandono le vie del prog per inoltrarmi nell'universo parallelo di Trent Reznor e dei suoi Nine Inch Nails, fatto di ermetici miscugli tra il rock e la musica elettronica. L'album che vado ad analizzare è "The downward spiral", il terzo lavoro in studio, datato 1994. Come suggerisce il molto eloquente titolo, il filo conduttore del disco è la disintegrazione del comune intendere in un ipotetico protagonista, che si ritrova a percorrere una "spirale discendente" che lo porterà al suicidio. Passiamo all'analisi dei brani:\nIl disco inizia con "Mr self destruct", in cui Reznor inserisce strutture musicali apparentemente dissonanti e casuali. Dissonanti, in certi punti, lo sono davvero, ma certo non casuali: si può notare come ogni suono e ogni silenzio (soprattutto quello di quasi un minuto posto nella parte centrale del brano) rendano l'ossessione del protagonista, ossessione masochista espressa al meglio nel testo, che più che cantato sembra quasi recitato, tanta è la carica vocale.\nSegue "Piggy", in cui la tensione si accumula, senza mai trovare sfogo, man mano che Reznor intona il canto di disintegrazione della psiche del suo protagonista. Particolarmente geniali i suoni sintetici alla fine, che preludono al brano successivo,\n"Heresy", in cui ogni misantropia viene sfogata, urlata con il tremendo sottofondo dell'ennesima dimostrazione della morte di dio. Non c'è spazio per il perbenismo e l'ipocrisia: tutto viene sparato in faccia, fatto esplodere per disintegrare l'ascoltatore.\nIl brano successivo è "March of the pigs", in cui la misantropia trova sfogo fisico. Evidenti i riferimenti, nel testo, ai delitti perpetrati dagli adepti di Charles Manson.\nSegue uno dei momenti più disturbanti di tutto l'album: "Closer", trasposizione musicale delle precarie condizioni psichiche di un maniaco sessuale conscio della propria perversione, che vorrebbe "scappare da se stesso" ma non ci riesce.\nC'è poi "The ruiner", in cui la discesa inizia a farsi vertiginosa: ritmi sconnessi e un macabra voce sottolineano la velocità della discesa verso il fondo del subconscio.\nSegue "The becoming", il cui contenuto è già chiaro dal titolo: il protagonista sta scoprendo la parte più disumana di sè, quella parte disgregata e folle che nessun essere umano vorrebbe mai conoscere. Urla infernali alternate a momenti di calma apparente sottolineano le terribili scoperte.\nIl brano successivo, "I don't want this", è, se possibile, ancora più esplicito: lui non vuole arrivare in fondo, i resti ammuffiti della sua umanità lottano per tornare su, alla luce. Ma non può risalire, tantomeno da solo. E non c'è nessuno là fuori.\nAncora, ecco "Big man with a gun", esplosione di tutte le più terribili pulsioni descritte nelle tracce precedenti. Un minuto e mezzo di schizofrenia per prepararsi al seguito.\n"A warm place", un brano strumentale, da lacrime, il muto collasso della vita così come è comunemente intesa, forse un ritorno alla pleroma emanatrice di eoni.\nMa è un ritorno temporaneo: non può esistere la luce, non per molto, nel buio schizoide dell'opera di Reznor. Ed ecco "The eraser", violenta e definitiva vittoria dell'alienazione: l'uomo ormai più demone che uomo è animato solo da turpi desideri di violenza e distruzione, tutto il resto è stato cancellato.\nSegue poi "Reptile", quasi sinfonica in certi punti, geniale. È la morte di ogni umanità, la tempesta di sabbia ha spazzato via tutto, il bene, il male, forse la mente stessa. Rimane solo il vuoto guscio di un corpo. Se è un corpo.\nSegue la title track, "The downward spiral", finale suicidio del protagonista, che privo di ogni residuo umano trova comunque la forza per porre fine a tutto.\nConclude il disco "Hurt", brano lento e malinconico, perfetta conclusione di questo album: "I hurt myself today, to see if i still feel, I focus on the pain, the only thing that's real, the needle tears a hole, the old familiar sting, try to kill it all away, but i remember everything".\n\nRiassumento, tracklist:\n\nMr Self Destruct – 4:30\nPiggy – 4:24\nHeresy – 3:54\nMarch of the Pigs – 2:58\nCloser – 6:13\nRuiner – 4:58\nThe Becoming – 5:31\nI Do Not Want This – 5:41\nBig Man With a Gun – 1:36\nA Warm Place – 3:22\nEraser – 4:54\nReptile – 6:51\nThe Downward Spiral – 3:57\nHurt – 6:13\n\nQuali brani vi consiglio? Beh, questo è un disco che, più di molti altri, va ascoltato nella sua interezza per rendere al massimo. Tuttavia, posso consigliarvi alcuni estratti particolarmente intensi:\n\n\n\n\n\n\nSe la recensione vi ha interessato, giacchè augurarvi un felice ascolto sarebbe stupido (questo album non lascia posto alle sensazioni gioiose), vi auguro di apprezzare il disco come l'ho apprezzato io ;) \n\nPS: per chi se lo stesse chiedendo: si, Trent Reznor non ci sta tanto con la testa. Ma ha dalla sua la genialità: tutti gli album dei NIN sono interamente partoriti dalla sua mente e dalle sue braccia. Gli altri musicisti fanno la loro comparsa dopo, al momento del tour.
Music Man Luke LH\nIbanez RGIR27FE LH\nMichael Kelly Patriot Custom LH\nPeavey Vypyr\nVisual Sound Jekyll & Hyde\nTC Electronics Ditto X4\nCarl Martin Red Repeat\nDigitech Whammy DT\nNeunaber Seraphim Mono\nDolphin Sound Nettuno\nVox V847\nChase Bliss Spectre\nE-Bow Plus\n\nhttps://youtu.be/XdAtmB1ptFE
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